La Pergola Abruzzese, origine e tipologia di allevamento
La coltivazione predominate all’interno della Regione Abruzzo è chiamata pergola abruzzese. Una coltura diffusa su oltre l’80% dei vigneti dell’intero territorio di questa porzione d’Italia.
Chiamato anche tendone o capanna, probabilmente per il suo alto potere ombreggiante, prende origine dalle alberate e dalle raggiere. I primi impianti a tendone risalgono al primo dopo guerra, quando trovarono ampia diffusione nell’Italia centro meridionale (Lazio, Abruzzo, Puglia e Sicilia) dove assunsero svariati nomi locali. La diffusione maggiore si realizzò, tuttavia, dopo il secondo evento bellico del 900′, soprattutto per le uve da tavola, ma anche per quelle da vino.
È senza dubbio una forma d’allevamento propria delle regioni meridionali, diversamente un suo impiego al Nord sarebbe oltre modo inopportuno, in quanto provocherebbe decadimenti qualitativi rilevanti a causa della produzione elevata, delle malattie e per la colorazione più ridotta. Nella fase di produzione la vite a tendone è alta 1,80 – 2,20 m, dalla quale si dipartono, in posizione orizzontale, 3 – 5 capi a frutto, a seconda della regione. In questo modo si viene a costituire una copertura continua su tutto il terreno, che appoggia su un’impalcatura di pali e fili di ferro. I tralci vengono disposti a raggiera per una lunghezza di 1,5 – 2,0 m, mentre in certi casi viene adottato un cordone, più breve, rinnovato ogni due o tre anni. Le distanze d’impianto sono in relazione alle condizioni eco-pedologiche, cioè di 4 × 4 m (625 piante/ha) quando il terreno è fertile e fresco e il vitigno vigoroso, oppure 2,5 × 2,5 m (il più usato 1600 piante/ha Fig. 2.3) o 3 x 3 m (1111 piante/ha) per terreni di media fertilità e piuttosto asciutti in clima caldo e arieggiato. Di norma le viti vengono poste singole, ma nei terreni più poveri e asciutti, dove le piante non assume un grande sviluppo, si possono mettere accoppiate, valutando però attentamente tutti i fattori ambientali. Si devono comunque applicare distanze maggiori dove il grande sviluppo del fogliame causa eccessivo ombreggiamento e quindi, insufficiente colorazione dei grappoli e maggiore incidenza della muffa grigia. I sostegni vengono classificati in tre tipi a seconda della funzione che svolgono: pali d’angolo, che si pongono ai vertici dell’appezzamento; pali di corona, perimetrali; pali rompi tratta, che vengono posti accanto ogni vite.
I pali di corona, in genere piuttosto robusti e lunghi 2,20 o 2,30 m fuori terra, vengono collocati lungo tutto il perimetro del vigneto e inclinati verso l’esterno. Essi sono ancorati alla sommità, con un filo di grosso calibro, (20 – 22 mm) a blocchi d’ancoraggio. Lungo l’intero perimetro vengono posti dei fili di ferro, di calibro analogo ai precedenti sia nel senso della larghezza sia della lunghezza. Un’altra serie di fili, di calibro inferiore, è posto sui pali di sostegno rompitratta e sui pali di corona per conferire solidità a tutta la palificazione. Questi fili costituiscono la grande rete a maglie quadrate, mentre la piccola rete è formata da fili di piccolo diametro, tirati parallelamente ai primi e alla distanza di 50 cm fra loro. Questi fili vengono ancorati a quelli perimetrali, che sono tenuti in tensione, oltre che dai pali di corona anche dai pali d’angolo di grande diametro e fissati al terreno per mezzo di tre tiranti. La sequenza delle operazioni di montaggio è la seguente: sistemazione dei tiranti di ancoraggio nel terreno, posa in opera dei pali d’angolo, stendimento del filo di ferro della corona, sistemazione dei pali di corona, collocamento dei pali rompitratta, stendimento della rete interna. L’ampiezza più adatta per la formazione di un intero vigneto è di circa 6 / 7000 m², con un lato di lunghezza non superiore ai 100 m.
Per scoprire l’approccio alla potatura di questo tipo di allevamento della vite leggi il prossimo articolo.
Fonte: Tesi di laurea “La pergola e la qualità dei vini. Valutazione delle tecnologie enologiche” a cura di Paolo Cavuto.